lunedì 13 gennaio 2020

Paf!




Musica: Brigade des Stups - Serge Gainsbourg


ON AIR 


Dopo due anni intensi in Mozambico a cuocermi al Sole, 
tornai al punto di partenza: Lisbona. 
Ero così con il culo a terra che manco ci volevo tornare in Italia. 
A Natale, a dover dare anche certe spiegazioni 
e senza i soldi per fare dei regali 
o per garantirmi un soggiorno edonistico 
a base di cappuccini, brioches, creme, cannoli, 
ripieni e altre delizie quotidiane. 
Pizze, panzerotti, tortellini, ma pure il kebab 
è meglio in Italia cazzo. 
Maledizione sto sbavando sui tasti.

Il rientro nel Gran Regno del Benessere Europeo 
fu ammortizzato dall’accoglienza 
del mio caro amico Antonio Imperatore, 
perfettamente accomodato nella 
“Luciano Cordeiro de Montezemolo” 
(come la chiamo io) 
in un quarto piano con balconcino-miradouro privè 
orientato verso Ovest, concedendo una meravigliosa vista 
che và da sinistra dalla collina che sovrasta 
l’Avenida da Liberdade, dal Torel a Santa Marta, 
facendo da cornice agli edifici più alti della Baixa, 
il Convento do Carmo, la cresta del Bairro Alto 
fino al giardino botanico di Pricipe Real e poi su, 
fino al bandierone in cima al parco Eduardo VIIº. 
Si vedono spuntare anche il Cristo Rei 
e le punte dei piloni del Ponte 25 Aprile.

La vista era appagata dalla silouette delle palme e del Cristo, 
dalle guglie neoarabe do Palácio Ribeiro da Cunha
dalla macchia verde sottostante nel giardino 
tra le pietre e i metalli dei palazzi moderni, 
un Tropico di Lisbona che s’incendiava ad ogni tramonto.
Iniziavo ogni giornata con un buon caffè 
ed una vista sulla città che amo. 
Sentirsi presente e con un posto in prima fila.




La parte creativa venne subito stimolata 
dal conoscere il  coinquilino: Foggy. 
All’anagrafe Franceso Pintaudi, un vero artista maledetto 
che compone musica alternativa e suona in giro 
con live set ballerecci e cover band che sanno davvero 
coinvolgere il pubblico. Tipo con la band  “Ginga Milanesa” 
che unisce pezzi brasiliani e pezzi italiani, 
una ballata esplosiva. Un pezzo che rappresenta bene 
il suo lavoro in studio invece è “My Day”. 
Foggy è ideatore anche del progetto “Wattafog” 
un trio di musica alternativa che m'ha conquistato da subito.
Specialmente per i pezzi non ancora pubblicati.

Insieme iniziammo una collaborazione 
con il video per la musica “Mind”, 
unendo alcune delle mie immagini catturate 
in due anni di Mozambico ad un pezzo dei Wattafog.
Iniziai a procurargli date e a viaggiare con la sua musica.
M’ha ispirato per tanti altri video 
che attendono di essere realizzati.
Nel frattempo ricomponevo i pezzi della mia vita Lisboeta. 
Nella lista degli sbatti c’era, ovviamente, la banca.
Avevo lasciato due anni prima il mio conto europeo 
con dentro cento euro o poco più, 
pensando di non doverlo usare e di dover creare un conto nuovo in Mozambico.
Cosa che non è mai successa perchè per avere il conto 
ci voleva il contratto di lavoro 
e ora che la burocrazia dell’altro tropico permise 
che il contratto fosse stipulabile, era passato un anno e mezzo. 
Ero ormai un veterano nel nascondere i soldi
“sotto al materasso, dentro ai libri o dietro ai cassetti” 
come in una celebre scena di Puerto Escondido, di Salvatores.

In realtà il posto più figo e affidabile 
dove ricordo di aver nascosto dei soldi 
fu nelle canaline dei cavi elettrici o dove passano i tubi 
dei condizionatori lungo le pareti. 
Le canaline hanno un coperchio a incastro 
e raramente a qualcuno viene in mente di aprirle. 
Parliamo di un percorso di vari metri lungo le pareti, 
con sezioni apribili in diversi punti e spesso la canalina 
è occultata da un quadro o da un mobile.
Zero conta e zero sbatti, tanto non bastavano e finivano comunque. 
Maledetti soldi.

Solo una volta tentai usare la mia conta on line. 
Fu un delirio di numeri, codici 
e contromisure di sicurezza inespugnabili 
anche per il correntista stesso. 
Una frustrazione condita da bestemmie a grappolo.
Odio abbastanza il nostro Sistema, 
non funziona bene manco per noi e in più 
è stato spacciato in tutto il mondo come il modello da seguire.

E infatti guarda che puttanaio che è ancora il mondo attuale. 
Un vespaio. No, non una raduno di Vespe Piaggio, 
un puttanaio, esatto, senza goderci troppo.
Tipo il rigore sbagliato da Baggio. Una delusione. 
Per questo serve una rivoluzione. 
La gente vuole sentirsi parte di una squadra figa 
e vincente! Sentirsi parte di qualcosa di giusto e funzionale, 
che rappresenti questa famigerata intelligenza.
Attimi al ritorno dell’Impero Ottomano 
e Ming-hia poco ci manca che dobbiam imparare il cantonese. 
Sogni infranti.
Il Benessere e la capacità di portafoglio degli anni ’80 
ce la scordiamo, quello che i nostri genitori avevano conquistato 
non ha più eguali. 
Meglio cambiare tutto, si fa prima.

La pagina gira da sola per lo spostamento d’aria 
dello schiaffo che c’ha riportato alla realtà. 
Il nostro consumismo è una malattia, 
dobbiamo riprendere contatto con il nostro pianeta, 
riscrivere le regole o almeno farle funzionare, 
riscrivere i libri di Storia, 
aule di Educazione Civica e Filosofia garantite a tutti 
e cerchiamo di evolvere davvero.

Si difendono da secoli sordide alleanze e patti con il Diavolo 
come se non ci fossero alternative in questo Universo. 
Probabilmente non si era mai arrivati ad averne così tanto coscienza 
ma bisogna assolutamente cambiare. 
Esistono centinaia di alternative da poter sperimentare, 
ma scegliere di sgrassar via la corruzione 
e produrre con più eco-logica, mi sembrano parte integrante 
del nuovo menù della casa.

È quello a cui stavo pensando quando andai in banca a verificare 
se esistisse ancora il mio conto. 
La sorpresa che c’era ancora e che stava in positivo 
con mille euro in più mi fece quasi esplodere per la gioia 
come un fuoco d’artificio. 
Non credevo ai miei occhi :o il monitor dell’impiegata 
era abbastanza inclinato verso di me da permettermi di notare il saldo 
in basso a destra: +1.100,00 € 
grazie a dei contributi retroattivi della botta di culo che sono 
che erano entrati col contagocce, sessantasei euro al mese 
senza mai essere intaccati, 
fino a lasciare questo mucchietto di speranza e ossigeno 
per i miei conti disastrati alla “ad cazzum”.

Uscii dalla banca con la musica della Champion League 
a suonarmi in testa a tutto volume, ero salvo.
Biglietti, volo, Italia, Natale, Capo-Danno, 2018 
“quest’anno devo farcela” e tornai a Lisbona. 
Conta ridotta ai polpacci, punto e a capo.

La prima offerta di lavoro che mi sfiorò diceva 
<< ti diamo duemila euro per andare a Porto, 
campagna italiana per un cliente importante >> 
accettai manco mi stessero già anticipando del contante. 
Si aprì così l’anno “del Gufo” e una nuova esperienza: 
vivere a Porto!







Porto, Rua da Cedofeita.

La città dove atterrai nel 2010 arrivando in Portogallo per la prima volta 
era proprio lei, anzi lui, OPO, O Porto.

Otto anni dopo ci tornavo completamente trasformato 
e gasato dall’idea di conoscere e fare contatti utili 
anche nella seconda città portoghese, la più industriosa 
e nuova regina di visite turistiche anche in testa a Lisbona, 
eterna rivale dell’orgogliosa Invicta.
L’unico contatto che avevo era Bob Figurante, 
grande amico, rastone mezzo mozambicano, 
dj Reggae da vent’anni, organizzava ad ArtCasa 
la serata Reggae e open mic.

Una volta mi fece notare che l’artista Slow J 
che apprezzo tanto e che scoprii solo grazie ad Helder 
proprio in quell’anno portuense, era uno dei tanti che veniva, 
ai tempi, ad approfittare l’open mic in ArtCasa. 
Porra!

Bob non fu solo accogliente, è la mia famiglia a Porto.

Con Bob posso solo imparare senza sosta, 
a proposito di permacultura, di piante, di cibo vegano 
(resto comunque un grande onnivoro, mi sbrano anche il divano),
di musica Afro, Funk, Dub, 
di dinamiche e spazi culturali portoghesi 
dalla Serra da Estrela all’Algarve. 
Il suo divano in sala è uno mio grande amico. 
La sua raccolta di documentari: 
un’Odissea spazio-temporale tra congetture e strippi.

Mi fece conoscere due cose fondamentali, 
oltre al suo divano in sala: Beto; un amico capoverdiano 
che mi fece entrare nella Pensione Almeida, 
dove ho vissuto i miei otto mesi a Porto, e lo Spazio Compasso. 
Un centro culturale davvero alternativo 
che nasconde un giardino incredibile per stare a due passi dal centro di Porto. 
Con piante secolari, coltivazioni, fiori, 
spazi per rituali ed il fuoco, centrale, di fronte al palco. 
Ho vissuto serate incredibili, come stando nel mezzo di un bosco 
ma in centro a Porto. 
One Love, davvero.
Espaço Compasso – Rua da Torrinha 113. 
Un’anonima porta bianca di un palazzo nasconde un lungo corridoio 
che finisce all’entrata di questa associazione pacifica e volenterosa. 
Oltre alla sala degli eventi si accede al giardino, 
un luogo magico e fuori dal tempo, 
dove ammirare le ragazze a ballare intorno al fuoco, 
sentendomi come un satiro felice in una baccanale. 
Fate o ancelle, sono tutte belle. 
E adoro distrarmi a guardare le stelle 
o a cercare la Luna tra le fronde degl’alberi.   

In Africa avevo imparato a vedere più spesso la magia 
e adesso la ritrovavo ovunque. Spettacolo.

Ho fatto più amici portoghesi a Porto in otto mesi 
che in cinque anni a Lisbona, davvero tutto un altro ambiente. 
Rustico, genuino, prezzi ancora contenuti anche in molti angoli del centro, 
come alla Tasca Espresso in Piazza Carlo Alberto, 
piazza dedicata all’omonimo monarca dei Savoia 
che ci visse in esilio a causa dell’invasione Austriaca nel 1849. 
Tra l’altro morto a Porto appena quattro mesi dopo il suo arrivo. 
Colpa il profondo dispiacere o complotto? Bah.
Povera Italia, scopata e maltrattata da tutti.

Porto vive ancora di associazionismo e di altre iniziative 
dove basta che si balla forrò e và tutto bene.
Per fortuna mia, anche le serate con djs, 
musica elettronica e altri stimoli sensoriali vanno sempre a ruba.

Iniziai a farmi conoscere con qualche esposizione di foto 
e proiezioni di video dal Moz accompagnate da musica ao vivo 
o con gli expo beat del “Colectivo imprevisto” al Compasso, 
poi qualche data all’Embaixada, a Casa Bô, 
improvvisando al Miradouro das Virtudes e na Rua das Flores 
o sul lungo fiume e lasciai un lungo elenco di altri posti 
dove vorrei far suonare e organizzare un evento.
Porto è cool. Senz’ombra di dubbio.
E tra tanti posti uno mi colpì in particolare, 
anche per il fatto di essere poco conosciuto: il Miradouro Ignez.

Porto, Miradouro Ignez.

São João era alle porte e bisognava farsi trovare pronti.
La festa patronale di Porto è meglio di un capodanno.
La collaborazione con il Miradouro Ignez poteva significare 
un’intera stagione di eventi e serate musicali 
in uno degli spazi più alternativi e stilosi di Porto.
L’entrata è dal livello più alto, alla terrazza del miradouro, 
accesso con rampa dalla ripida Rua da Restauração
la stessa via del Consolato Italiano percorsa anche dal tram 18.
Miragaia e Alfândega a vista più tutto lo splendore del Douro che, 
curva a curva, sfocia nell’Atlantico appena dopo il Ponte da Arrábida.
Sulla mappa è facile incontrare il Miradouro Ignez: 
appena sotto ai giardini del “Palazzo di Cristallo” 
o Palácio de Cristal tanto nominato ultimamente 
per la diatriba sul nome do novo Pavilhão Rosa Mota 
conteso con il commercialissimo nome Super Bock Arena.

Una volta entrati al Miradouro Ignez ci si può accomodare 
e approfittare la vista panoramica verso Ovest = Sunset assicurato 
e usufruire del bar oppure scendere le scale fino al secondo livello: 
altro terrazzo più ampio e bar interno al chiuso collegato alla cucina.
Scendendo fino al terzo livello ci si trova nella sala principale 
e al corridoio che porta ai bagni. 
Il terzo livello è il punto più basso all’altezza della Rua Sobre-o-Douro 
che dà accesso al Bairro Ignez. 
Interessante percorso a piedi tornando verso Virtudes.

Lo spazio è in ottime condizioni, perfetto per un dj set 
tanto quanto per un’esposizione con proiezioni video 
e installazioni lungo un ipotetico percorso che iniziai a disegnare mentalmente. 
Tutto ristrutturato e pronto all’uso.
I gestori erano così occupati che nessuno aveva tempo 
per trattare l’agenda degli eventi e delle serate, 
per questo mi proposi entusiasta per aver trovato un posto 
semplicemente perfetto per ospitare un nuovo movimento.

Dopo quattro mesi nell’Invicta contavo sulla collaborazione di: 
Bob e relativi contatti in tutto il Portogallo, 
due gruppi di djs, di cui un gruppo legato ad una rivista 
specializzata in musica elettronica e techno party, 
altri sei diversi dj, Helder e le sue interessanti connessioni nel mondo Dub, 
una cantautrice Venezuelana a solo o in duo, 
un trio jazz, i vari artisti che passavano dal Compasso 
o che incontravo a suonare lungo la Cedofeita 
o in altri punti strategici e romantici della città vecchia. 
Poi anche un suonatore di marimba Messicano 
che parla benissimo anche l’Italiano, 
un gruppo di giocolieri Greci, 
qualche buon fotografo per le esposizioni o per documentare le serate, 
tra cui Itay, poi Sven e relativi contatti con vari artisti portuensi 
e tutto l’entusiasmo ed i saggi consigli di Moreno, un caro amico italiano.

Per andare sul sicuro organizzammo due giorni prima di São João un set 
per testare le casse e l’attrezzatura. 
Mi motivava lavorare in un posto così speciale, 
ogni amico che lo scopriva entrandoci rimaneva colpito. 
E non c’è niente di meglio di un bar che è anche 
un posto abbastanza romantico da tornarci in buona compagnia.
Montammo tutto con calma, io e Bob, rituale durante la prova volumi, 
vista da cartolina, “presa bene” in consolle.

Tra le varie chiacchiere anticipai a Bob la mia idea di scrivere racconti 
legati a delle musiche, marche impresse nella memoria, “Lividi Vinilici”. 
Trattandosi di un dj con una vasta cultura vinilica, 
gli chiesi se conoscesse qualche canzone curiosa legata ad una storia.

Dopo una pausa meditativa Bob mi rispose sorridendo:
<< Les Brigade des Stups. >> 
Le cosa?
<< Brigade des Stups de Serge Gainsbourg. >>
Sorride e mi racconta: 
<< Ginzburg era un grande artista e attivista francese, 
adorava essere provocatório e in questa musica 
“Les Brigade des Stups” prende in giro la polizia raccontando 
di quando una poliziotta, perquisendolo, gli mette le mani in tasca 
e a causa di un buco nei pantaloni la poliziotta si ritrovò in mano il suo cazzo! >>

E ridendo mi canta:

“Ils ont cherché mon splif,
Ils ont trouvé mon paf!”

E in italiano mi enfatizza il “ma cazzo!”

Quanti stranieri annoverano questa esclamazione tra le cose 
che sanno della lingua italiana.
Bob conosce bene anche “ma dai!” , “ma come!?”
l’immancabile “ma vaff’anculo!” , “allora” e “domani”.
Le ripete spesso.

Tornando a Gainsbourg/Ginzburg, Bob mi spiega che era un artista popolare in Francia. 
Uno di quelli che contrastava l’odio 
e l’intolleranza razzista dell’elite francese verso gli immigrati. 
Un artista sempre in prima linea. 
Promisi dedicarci una bella googolata e un Livido Vinilico.

Lasciammo scivolare lo sguardo lungo il Douro 
e verso le colline scure di Vila Nova de Gaia 
che s’illuminavano a presepe annunciando un nuovo crepuscolo.
Neanche potevo immaginare la confusione 
e il delirio che stavano per scatenarsi con la Festa di São João 
da lì a due giorni. La temperatura era perfetta 
e i dischi reggae ci cullavano in quest’ennesima attraversata notturna.

Navigazione a vista e poche illusioni. 
Porto; granitica, verticale, tagliente, umida, sinistra, 
piena di studenti vestiti a corvo, fiumi di birra, 
un fiume di vinho do Porto e un fiume di turisti stupiti 
per la bellezza della città e per i suoi prezzi abbordabili.

A scaldarmi l’entusiasmo a Porto furono solo gli amori 
ed i piatti appena usciti dalle cucine. 
Il resto era una silente accondiscendeza ai vuoti e alla corruzione della vita, 
giorno per giorno. Sognando di fare più soldi, di sistemare un sacco di cose, 
rattoppare la vita e ritornare presto in Mozambico.
Al caldo e nella confusione umana da incontri ravvicinati 
che lascia spazio alla fantasia più pura e disinibita che abbia conosciuto.





Porto per me è un capitolo ancora tutto aperto, 
da continuare a scrivere. 
E proprio per questo l'adoro come un’amante, 
senza nessuna fretta di voler regolarizzare il nostro rapporto 
e senza nessuna fretta di fare all’amore preoccupandosi del sapore 
che potrebbe avere sapere che è l’ultima volta.

Prendimi così Vita, sempre di sorpresa.
Dolce e mielosa come la principessa più esotica 
che potessi incontrare nel mio abbraccio 
e nella mia umile stanza da scrittore lungo l’antica Cedofeita.


Paf!



Foto e testo di Simone Faresin. 


Nessun commento:

Posta un commento