lunedì 9 marzo 2020

"Pande" 3 racconti brevi come starnuti. 1/3


"Pande" 

3 Racconti brevi, brevi come starnuti. 






Pande. 



Musica: Antidolorificomagnifico - Jovanotti. 


Pande, bella mia, sei venuta per portarci via? 
O solo per farci agitare e spingerci alla follia?

Una paranoia così non la sentivo dai tempi delle ondate 
di attentati in Europa o, più recentemente, da quando mi sono accorto che gli smartphone ci friggono il cervello mentre li usiamo e ci passano onde che fanno male, oltre a renderci più curvi.
Sono del 1980, per ora sono sopravvissuto a Chernobyl, a Fukushima, alle Spice Girl, alle merendine, a trent’anni di Mediaset, a ventisette traslochi, al cibo spazzatura di tutti i fast cazzo di food che ci hanno colonizzato, son sopravvissuto ai weekend superalcolici Milanesi, ad incidenti stradali, alla naja, a due anni in Africa, ad una ex psicopatica, a decine di Natali indesiderati, a centinaia d’insoddisfazioni, a migliaia di pubblicità fastidiose, quindi figurati se ho paura di questa nuova schifezza fatta in provetta. 
Sono un uomo vero, realista, consapevole che non vivrò comunque abbastanza per veder morire Berlusconi o per vedere i miei conquilini brasiliani riuscire a capire come fare la raccolta differenziata, ma eccoci alla pandemia dell’anno: la regina malefica del nuovo secolo con tanto di corona.




Come con il virus Ebola le notizie ci parlano di una malattia che arriva dai pipistrelli o dal loro guano; questa volta sembra addirittura che ci sia stata un’orgia tra pipistrelli e serpenti. Di “sicuro” c’è solo che la nostra storia inizia in Cina, la nazione al momento più poderosa del mondo, la più ricca e produttiva. Pensa che i grandi Stati Uniti d’America hanno i debiti con la Cina. Hanno anche in corso una guerra commerciale e fanno a braccio di ferro per il controllo delle isole del Mar Cinese, oltre a contendersi i partners europei, la più importante tecnologia del futuro che già adesso è un’inculata nel punto G, le risorse africane e la corsa alla Luna.

Quello che più mi stupisce è che dopo la Cina, il paese con più casi e vittime è l’Iran. Ma tu guarda, un altro nemico degli U.S.A. E poi? Incredibile ma vero: l’Italia. Ma l’Italia non è un nemico della super potenza americana, no, ma è il culo degli “U.S.A. e getta” come li chiamo io. Siamo alleati ma nel senso che loro danno ordini e noi obbediamo, loro lanciano un bastone e noi corriamo a prenderlo in culo. Fatto sta’ che il mio paese adesso è infetto e la regione dove sono nato è posta in isolomento. Io sto a Lisbona e mi auguro non arrivi la pandemia ma neanche la crisi causata dal panico. Se chiudono bar, negozi e non arrivano turisti l’economia del paese è in ginocchio. Gl’unici ad essere felici sono quelli che non sopportano le ondate di turisti che si riversano per le vie della città con i loro trolley. Eppure qualcuno ci guadagna con questa pandemia. C’è chi fattura alla grande.

Sulla pagina degli Italiani a Lisbona ci sono italiani che chiedono informazioni in vista di un viaggio in Portogallo. Inizio a leggere commenti di chi chiede loro d’essere responsabili ed evitare di viaggiare e rischiare di spargere ulteriormente il virus.

Incredibile, titoli e notizie ci fanno reagire come banderuole al vento.

Viviamo in un mondo in tensione per il rischio di un conflitto nucleare, si possono controllare i silos e le testate che americani e russi tengono nei rispettivi arsenali ma non sappiamo niente sopra quello che fanno laboratori e centri di ricerca in tutto il mondo. Ovvio che mi fanno paura. Non voglio certo aspettare che una Umbrella di turno ci sorprenda tutti con un virus che segni definitivamente un punto di non ritorno per la nostra esistenza. Siamo complicati e imperfetti ma qui stiamo e qui vogliamo restare. Vivi, presenti, anche se tutto questo è un’illusione, la paura è reale. Ed è chimica. 

“Basta la paura.” Sono anni che in chiacchierate perditempo con gl’amici fantastichiamo su come potrebbe stravolgersi il mondo che conosciamo e la lista non era lunga: un’invasione aliena, la Luna ad approssimarsi alla Terra scatenando un nuovo diluvio universale, un’onda solare che manda in tilt la nostra tecnologia, una guerra termonucleare, un selfie scattato male, un asteroide. E invece? Dopo le locuste arriva la piaga del virus. 

E non colpisce paesi dimenticati da Dio in terza classe ma la grande Cina fino al cuore dell’occidente. Il virus è un’influenza tra le tante ma guadagna subito le prime pagine dei giornali e... Basta la paura. E si sgretolano convinzioni e abitudini. Di colpo i programmi in agenda e i grandi eventi vengono annullati, di colpo è tutto in discussione. Diventa l’occasione per salutarsi tutti con un’inchino alla giapponese per evitare le strette di mano, soprattutto con uno che parla cantonese o che vive nell’hinterland Milanese.

Tra l’altro siamo preparati da tempo ad affrontare una pandemia. 
Da piccoli giocavamo a scappare da uno che se ti toccava urlava:
“CE L’HAI!”
E poi potevi solo passarla a qualcun’altro per liberartene.

Mi auguro che questo nuovo secolo sia l’occasione per sopravvivere e riscrivere le regole del gioco, sperando che siamo ancora in tempo. Sperando che non sia invece l’inizio di una trasformazione che ci porterà ad isolarci sempre più, perdendo contatto con la realtà di cui abbiamo più bisogno, quella genuina e verace che questo pianeta ci ha sempre offerto.

Mi auguro che questo virus o gli altri che verranno, non vogliano interpretare il ruolo di Davide contro Golia. Vorrei tanto poter leggere il copione prima di entrare in scena ma questa volta siamo tutti presi alla sprovvista, s’improvvisa davvero. Niente paura, comunque vada sarà un decesso. Scusa, volevo dire successo! Comunque vada sarà successo.


Continua. 1/3 



Foto e testo di Simone Faresin, Grafica: Edo Trave. Lisbona, Marzo 2020. 

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