"Pande"
3 Racconti brevi, brevi come starnuti.
Pande.
Musica: Antidolorificomagnifico - Jovanotti.
Pande, bella mia, sei venuta per portarci via?
O solo
per farci agitare e spingerci alla follia?
Una paranoia così non la sentivo dai tempi delle
ondate
di attentati in Europa o, più recentemente, da quando mi sono accorto
che gli smartphone ci friggono il cervello mentre li usiamo e ci passano onde
che fanno male, oltre a renderci più curvi.
Sono del 1980, per ora sono sopravvissuto a Chernobyl,
a Fukushima, alle Spice Girl, alle merendine, a trent’anni di Mediaset, a
ventisette traslochi, al cibo spazzatura di tutti i fast cazzo di food che ci
hanno colonizzato, son sopravvissuto ai weekend superalcolici Milanesi, ad
incidenti stradali, alla naja, a due anni in Africa, ad una ex psicopatica, a
decine di Natali indesiderati, a centinaia d’insoddisfazioni, a migliaia di
pubblicità fastidiose, quindi figurati se ho paura di questa nuova schifezza
fatta in provetta.
Sono un uomo vero, realista, consapevole che non vivrò comunque abbastanza per veder morire Berlusconi o per vedere i miei conquilini
brasiliani riuscire a capire come fare la raccolta differenziata, ma eccoci
alla pandemia dell’anno: la regina malefica del nuovo secolo con tanto di
corona.
Come con il virus Ebola le notizie ci parlano di una
malattia che arriva dai pipistrelli o dal loro guano; questa volta sembra addirittura che ci sia stata un’orgia tra pipistrelli e serpenti. Di “sicuro” c’è
solo che la nostra storia inizia in Cina, la nazione al momento più poderosa
del mondo, la più ricca e produttiva. Pensa che i grandi Stati Uniti d’America
hanno i debiti con la Cina. Hanno anche in corso una guerra commerciale e fanno
a braccio di ferro per il controllo delle isole del Mar Cinese, oltre a
contendersi i partners europei, la più importante tecnologia del futuro che già
adesso è un’inculata nel punto G, le risorse africane e la corsa alla Luna.
Quello che più mi stupisce è che dopo la Cina, il
paese con più casi e vittime è l’Iran. Ma tu guarda, un altro nemico degli
U.S.A. E poi? Incredibile ma vero: l’Italia. Ma l’Italia non è un nemico della
super potenza americana, no, ma è il culo degli “U.S.A. e getta” come li chiamo
io. Siamo alleati ma nel senso che loro danno ordini e noi obbediamo, loro
lanciano un bastone e noi corriamo a prenderlo in culo. Fatto sta’ che il mio
paese adesso è infetto e la regione dove sono nato è posta in isolomento. Io
sto a Lisbona e mi auguro non arrivi la pandemia ma neanche la crisi causata
dal panico. Se chiudono bar, negozi e non arrivano turisti l’economia del paese
è in ginocchio. Gl’unici ad essere felici sono quelli che non sopportano le
ondate di turisti che si riversano per le vie della città con i loro trolley.
Eppure qualcuno ci guadagna con questa pandemia. C’è chi fattura alla grande.
Sulla pagina degli Italiani a Lisbona ci sono italiani
che chiedono informazioni in vista di un viaggio in Portogallo. Inizio a
leggere commenti di chi chiede loro d’essere responsabili ed evitare di
viaggiare e rischiare di spargere ulteriormente il virus.
Incredibile, titoli e notizie ci fanno reagire come banderuole al vento.
Viviamo in un mondo in tensione per il rischio di un conflitto
nucleare, si possono controllare i silos e le testate che americani e russi
tengono nei rispettivi arsenali ma non sappiamo niente sopra quello che fanno
laboratori e centri di ricerca in tutto il mondo. Ovvio che mi fanno paura. Non
voglio certo aspettare che una Umbrella di turno ci sorprenda tutti con un
virus che segni definitivamente un punto di non ritorno per la nostra
esistenza. Siamo complicati e imperfetti ma qui stiamo e qui vogliamo restare.
Vivi, presenti, anche se tutto questo è un’illusione, la paura è reale. Ed è
chimica.
“Basta la paura.” Sono anni che in chiacchierate
perditempo con gl’amici fantastichiamo su come potrebbe stravolgersi il mondo
che conosciamo e la lista non era lunga: un’invasione aliena, la Luna ad
approssimarsi alla Terra scatenando un nuovo diluvio universale, un’onda solare
che manda in tilt la nostra tecnologia, una guerra termonucleare, un selfie
scattato male, un asteroide. E invece? Dopo le locuste arriva la piaga del
virus.
E non colpisce paesi dimenticati da Dio in terza classe ma la grande
Cina fino al cuore dell’occidente. Il virus è un’influenza tra le tante ma
guadagna subito le prime pagine dei giornali e... Basta la paura. E si
sgretolano convinzioni e abitudini. Di colpo i programmi in agenda e i grandi
eventi vengono annullati, di colpo è tutto in discussione. Diventa l’occasione
per salutarsi tutti con un’inchino alla giapponese per evitare le strette di
mano, soprattutto con uno che parla cantonese o che vive nell’hinterland
Milanese.
Tra l’altro siamo preparati da tempo ad affrontare una
pandemia.
Da piccoli giocavamo a scappare da uno che se ti toccava urlava:
“CE L’HAI!”
E poi potevi solo passarla a qualcun’altro per
liberartene.
Mi auguro che questo nuovo secolo sia l’occasione per
sopravvivere e riscrivere le regole del gioco, sperando che siamo ancora in
tempo. Sperando che non sia invece l’inizio di una trasformazione che ci
porterà ad isolarci sempre più, perdendo contatto con la realtà di cui abbiamo
più bisogno, quella genuina e verace che questo pianeta ci ha sempre offerto.
Mi auguro che questo virus o gli altri che verranno,
non vogliano interpretare il ruolo di Davide contro Golia. Vorrei tanto poter
leggere il copione prima di entrare in scena ma questa volta siamo tutti presi
alla sprovvista, s’improvvisa davvero. Niente paura, comunque vada sarà un
decesso. Scusa, volevo dire successo! Comunque vada sarà successo.
Continua. 1/3
Foto e testo di Simone Faresin, Grafica: Edo Trave. Lisbona, Marzo 2020.
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