martedì 10 novembre 2020

Tropical Lockdown. Intro a "2 paesi, 2 misure".



Il tempo degli arcobaleni

(Andrà tutto bene)

di Simone Faresin.



Non ho certo nostalgia del primo lockdown, anzi, ma avendo cestinato tutto quello che stavo scrivendo durante la "Pande" ho deciso di salvare solo 3 dei 7 racconti de "il tempo degli arcobaleni" perchè un giorno sarà ricordata come l'epoca della pandemia 'ma per me è soltanto l'occasione di vivere la vita mia, nel mio tempo, fino in fondo'. Cit. Jova. 

Intro a "2 paesi, 2 misure" che pubblico a breve, ispirato al detto "2 pesi, 2 misure". 



Raccolta di Racconti. 6/7 "Tropical Lockdown" 

Musica: Son West - Fica bem distante 


















Tropical Lockdown 

foto e testo di Simone Faresin.



Non mi posso proprio lamentare. È la verità, pura, nuda e cruda. 

Anche quando tutto va male sò che a qualcun’altro va ancora peggio. 

Da quando è iniziata la quarantena ed il confinamento in casa ho pensato “minchia, chissà come faranno a Maputo?” Non che serva andare così lontano per trovare chi stia soffrendo questa quarantena o chi stesse soffrendo anche prima di questa maledetta pandemia. 

Ma dopo averci vissuto per due anni, inevitabilmente, una sera mi sono chiesto come sarebbe stata la mia quarantena se fossi rimasto a Maputo. Uma gaiola dourada? Non credo proprio. 


Non mi riferisco alla stanzetta nell’Avenida Agostinho Neto dove ho passato la maggior parte della mia permanenza a Maputo, penso piuttosto come sarebbe stata la quarantena nell’appartamento dove vivevo ancora con la mia famiglia nell’Avenida 24 de Julho all’angolo con la Siad Barre, proprio in faccia all’Igreja Universal. 

Mi viene da sorridere ripensando alla mia sorpresa nel vedere con quanta devozione e con quanta assiduità fosse frequentata quella “chiesa”. Un edificio moderno, su più piani, con aule di formazione e spazi comuni oltre ovviamente alle due grandi sale per eventi dove avvengono le cerimonie. Ricordo perfettamente la mia sorpresa quando un venerdì sera uscii da solo percorrendo l’Avenida 24 di Julho fino alla fine, fino al miradouro dimenticato, senza incontrare segni di movida o locali pieni di vita. Ero ancora inesperto, non sapevo ancora dove cercare e la mia ex moglie si guardava bene dal dirmelo, sapeva che la concorrenza mi avrebbe divorato in un’istante. 

Passeggiavo da solo tra le ombre e gl’incroci desolati di questa capitale affacciata sull’Indico. Nonostante l’emozione di ritrovarmi in una città nuova dall’altro lato del mondo rimpiangevo Lisbona e il mio impero di benessere, di feste e amici. Quando tornai a casa rimasi a bocca aperta vedendo dalla finestra della sala che alle undici di sera la chiesa era piena di gente allegra, tutti a cantare e a battere le mani all’unisono. 

Tra l’altro questa quarantena ha messo in crisi tutte le chiese e succursali varie. Prega prega ma è il governo adesso a dirti quando chega

Il vantaggio della quarantena è a livello ambientale, meno inquinamento, meno traffico. Odiavo il caos che si riversava per l’Avenida, sentivo l’aria pesante aggredirmi alle narici, tutti a sgasare, benzina meno raffinata, macchinoni di grossa cilindrata o vecchi scassoni arrugginiti reciclati dalla Cina a intasare le strade della capitale per tutta la giornata. Clacson, antifurti che scattano a ripetizione, ventole arrugginite dei condizionatori, le urla dei venditori, un’orda confusa che si accalca per cercare di dare un senso ed un valore alla giornata. Il tutto in un caldo cocente che rende tutto più sfiancante e disidratante. Ma la battaglia continuava tra le quattro mura di casa; se non mancava l’acqua era l’elettricità a saltare senza sapere quando sarebbe tornata. 

Quando i rubinetti non lacrimavano più toccava prendere secchi, taniche e pentole e scendere fino in cortile sperando che dal rubinetto principale sgorgasse ancora il bene più prezioso a questo mondo. 

Il cortile dietro casa era per me una zona di guerra, un misto tra il Vietnam e l’Afghanistan: piante rampicanti, ferri arrugginiti, i tank dell’acqua neri e roventi per il Sole, i generatori di corrente a emettere un ronzio continuo quasi ipnotizzante, cavi ovunque come fossero liane, roba che un elettricista europeo a vedere quella spaghettata caotica si metterebbe le mani nei capelli. Quando scendevo le scale esterne mi sentivo come Indiana Jones nel tempio maledetto, facevo di proposito rumore sbattendo le taniche vuote per il terrore che da ogni buco e anfratto potesse uscire a sorpresa qualche strana creatura. 

Il cortile era una striscia di cemento di cinquanta metri per dieci dove scorrazzavano ratti grandi come gatti. Ogni crepa e ogni breccia nel cemento sembravano condurre ad una giungla sotterranea che avrei affrontato solo con un lanciafiamme alla Sigourney Weaver in Alien.

Non mi capacitavo di come le guardie del palazzo potessero dormire per terra su dei cartoni e delle stuoie con quelle bestie a girargli intorno.  

Una volta tentai di convincere le guardie che con una guerra chimica era possibile porre fino a quell’anarchia. Disseminai del veleno per topi in vari punti strategici.  Il giorno successivo mi affacciai dal mio terrazzino e ne contai quattro stesi secchi ma furono le guardie a doverli prendere per la coda e a buttarli. Capii che il problema ero io, nato e cresciuto in ambienti puliti e disinfettati non accettavo l’idea che esistessero altre forme di vita a poter usufruire dello spazio condominiale comune. 

In casa il nemico erano gli scarafaggi. L’unica cosa che non sono riuscito a superare nonostante abbia vissuto due anni in Africa e nonostante mi considero un Ranger sempre pronto all’azione. Il problema non è solo la pulizia, il problema è che sono ovunque ed entrano dappertutto. Vorrei andare a visitare la Residenza Presidenziale solo per vedere se almeno là sono riusciti a risolvere il problema. Basta una fessura sotto alla porta, un legno marcio tra la zanzariera e la finestra, una presa d’aria, un vetro rotto, qualsiasi cosa per quegli schifosi esseri croccanti che scheggiano a duecento metri orari è una trincea o un tunnel per entrarti in casa. Dopo le prime due settimane ero diventato un killer professionista, interceptor. Trova, stana, elimina. Divenne quasi un vizio il controllino in cucina alla sera prima di andare a dormire. Non riuscivo a stare tranquillo sapendo che appena spegnevo la luce quelli là si davano alla pazza gioia zampettando ovunque. E lasciare la luce accesa era fuori discussione, costa cara l’energia in Africa. 

Qualsiasi cosa che abbia a che fare con i parametri di vita occidentali te la vendono a peso d’oro. 

Non mi piaceva quella casa, non mi piaceva il corridoio d’ingresso, non mi piacevano tutte le grate e le procedure di sicurezza, i lucchetti, i limiti d’orario, la minaccia fantasma, non mi piaceva il cortile troppo trafficato, non mi piaceva la brutta piega che il mio matrimonio aveva preso senz’essere dovutamente stirato. Ogni giorno erano solo difficoltà e incomprensioni, da farmi pentire di aver messo al mondo un’altro essere umano ma trovai presto conferma che la Vita spinge ovunque senza guardare in faccia a nessun problema e a nessun ostacolo. Sempre. Avanti tutta! 

Mi piaceva il terrazzo al quarto piano, le fumate solitarie studiando il nuovo skyline Afro-subaustrale-metropolitano. Distretto Urbano di KaMpfumo. 


KaMpfumo! 

Este som tem muito sumo 

Salada e maheu 

Eu trago na minha viagem 

Na reportagem 

Só vejo a minha imagem [...]


Son West – Fica bem distante 


In quell’appartamento ho vissuto i miei primi giorni africani, le mie notti insonni e produttive, la sensazione di sentire l’odore di quella casa semplicemente pensandola, rivedendola nella sua struttura ampia, con le pareti pittate di fresco con tonalità pastello, i dettagli delle zanzariere, la cucina, i vari posti in casa dove ho dormito e dove ho sentito anche una storia d’amore esalare i suoi ultimi sospiri, il suo ultimo ansimare felice, un’altra storia già archiviata. La TV che non è mai funzionata, ogni canale aveva l’immagine disturbata. Ci eravamo ripromessi niente TV ma alla fine lei l’aveva comprata. Il bagno al bebè scaldando l’acqua nella pentola e misturandola poi con l’acqua fresca dal rubinetto. Le docce fredde fatte con un secchio perchè ovviamente il tubo della doccia si guasta sempre e tanti altri piccoli imprevisti appiccicosi e umidi. 

Non immagino come sarebbe vivere la quarantena in condizioni simili. Ritrovandosi a discutere spesso con il sesso che non è giá più una garanzia, il che mi porterebbe subito alla pazzia. 

I mercati lungo i marciapiedi e agl’incroci sono una delle principali fonti di sopravvivenza per migliaia di famiglie, dovendo tenere tutti chiusi in casa non immagino il livello di pressione a cui queste famiglie sono sottoposte non avendo più a disposizione i principali espedienti quotidiani. 

Cambia tutto con questa esperienza di quarantena globale, cambiano i rituali. Ma resta invariato il fatto che alcuni se la passano bene tutto sommato ed altri si vedono sprofondare nel nulla totale. 

Mi è andata bene, in questa roulette virtuale, ad essere stato estratto nel continente occidentale. Anche senza una reggia stò come un imperatore. Lo dimostra anche solo il fatto di poter stare qui a scriverlo per ore e ore. 




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